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AVVISO DI SPOILER
 (Il viaggio dell’assassinoIl destino dell’assassino)

Quando scrissi I Lungavista, alla fine del Viaggio dell’assassino, credevo fermamente che la storia di Fitz fosse conclusa. Alcuni giudicarono il finale triste o addirittura tragico. La mia sensazione personale era che Fitz avesse adempiuto al suo ruolo come eroe, il che richiedeva un certo — oh, va bene — un alto livello di sacrificio. Per il mio modo di essere, vidi le sue ultime scene piene di pace e di senso di compimento. Era là, nella solitudine che aveva sempre cercato, con il suo lupo (per Occhi-di-notte era decisamente un lieto fine!).

Fu dopo più di un anno che cominciai a sentire l’impulso di scrivere ancora di Fitz. Non penso che stessi cercando di “aggiustare” il finale; avevo realizzato, piuttosto, che il ritorno dei draghi avrebbe avuto delle conseguenze precise nei Sei Ducati. Sapevo dove stavo andando con I Mercanti di Borgomago. E avevo cominciato ad avere la sensazione che ci fosse altro da dire su Fitz. L’abbozzo di un capitolo o tre mi convinse che avevo ragione. Ma li misi da parte per finire di scrivere I Mercanti .

Penso che salterò qualche passaggio e ammetterò che, quando scrissi Il destino dell’assassino, ero convinta che avrei ripreso la storia di Fitz. Alcuni lettori astuti mi mandarono delle lettere per dirmi “Aha!”, riferendosi al passo in cui, al termine del libro, avevo parlato di come un menestrello faccia a volte una pausa di silenzio prima di lanciarsi nel ritornello finale. Ed era quella la mia intenzione, all’epoca. Fitz e compagni mi avevano lasciato esausta. Volevo dedicarmi per un po’ a qualcosa di diverso e concedere un periodo di riposo alle mie emozioni. Perché scrivere di Fitz e compagni mi prosciuga emotivamente. Sono storie molto intense da raccontare. Volevo ritrovare lo slancio prima di immergermi di nuovo in quel mondo.

Tuttavia, non vi ho fatto ritorno. Spero che ciò che segue non suoni come una lamentela; sono sicura che qualcuno lo interpreterà in questo modo, ma se ho deciso di parlarne devo essere disposta ad affrontarne le conseguenze.

Ho ricevuto un MUCCHIO di commenti negativi sul finale. Ho ricevuto lettere e sono stati scritti messaggi pubblici in cui si diceva che avevo svicolato o che mi ero tirata indietro. Molte delle lettere e dei messaggi e sì, molte delle fan fiction comparse su vari siti cercano di imporre che la storia vada in un certo modo, con Fitz e il Matto che fuggono insieme e vivono per sempre felici e contenti.

Per coloro che credono che il Matto sia maschio, l’eventualità che Fitz abbandoni improvvisamente le sue preferenze eterosessuali non sembra essere un problema. Se avessi creato un personaggio gay e l’avessi poi convertito all’eterosessualità per dare un lieto fine ai lettori, penso che la gente mi avrebbe accusato di aver pianificato tutto. In fondo non crediamo tutti che la ragazza “giusta” possa far diventare etero un amico gay? Certo che lo crediamo! (Oh, e prima che qualcuno citi allegramente questa frase da qualche parte, sappiate che era sarcastica.) Andare nell’altra direzione, invece, sembra del tutto logico a molti lettori, che piegherebbero, stritolerebbero e mutilerebbero Fitz in qualsiasi modo pur di ottenere il finale che desiderano. Io non riesco a capirlo. Lui mi piace così com’è. Un cambiamento così radicale non mi sembra possibile. Voglio infatti porre una domanda ai lettori maschi eterosessuali: quanto dovreste amare un vostro amico — maschio come voi — per desiderare dei rapporti sessuali con lui? Pensate al vostro amico più caro, al vostro compagno di sempre, fin dalle elementari, e ditemi se il pensare a lui vi riempie di desiderio. Avete voglia di lasciare le vostre ragazze/mogli per scappare via con lui? Menti indagatrici vorrebbero saperlo. Quanto vi sembra plausibile uno scenario simile?

Ora, se parlate con quelli che ritengono che il Matto sia femmina, tutto appare loro estremamente semplice. Il Matto dice semplicemente: «A proposito, io sono una ragazza» e Fitz getta via Molly per scappare col Matto. Ora, conoscendo Fitz come lo conosco io, non trovo plausibile neanche questa possibilità. Per tutta la sua vita, le cose che ha apertamente desiderato sono state Molly e la stabilità di una vita domestica. Lui ama Molly.
Nessuno di loro due è perfetto. Ma si amano l’un l’altra, nonostante i difetti. Quindi, dal mio punto di vista come autrice, fargli scaricare di punto in bianco Molly per correre dietro al Matto (senza contare l’abbandono delle sue responsabilità nei Sei Ducati) mi sembrerebbe un’autentica forzatura ai danni di un personaggio che ho impiegato anni a costruire.

Allora perché dovrei farlo?

Ironia della sorte. Alla fine del Viaggio dell’assassino ricevetti un sacco di commenti in fase di editing e in seguito dai lettori secondo cui Fitz sarebbe dovuto tornare a casa, sposare Molly, diventare in qualche modo Re e vivere per sempre felice e contento. Un finale simile non mi era mai parso giusto. Poiché i miei editor mi consentirono di scrivere il finale che avevo immaginato sin dall’inizio, la seconda parte della storia di Fitz si sviluppò in modo più intenso e avvincente di quanto sarebbe accaduto se avessi tenuto conto del finale preconfezionato che mi era stato suggerito (N.d.T. Robin Hobb parla di un finale “color by numbers”, espressione che indica quei giochi in cui bisogna colorare degli spazi numerati e a ogni cifra è assegnato un colore ben determinato).

Vorrei davvero che, alla fine del Destino dell’assassino, alcuni dei lettori più critici avessero confidato nel fatto che sapessi cosa stavo facendo come narratrice.

Comunque. Le lettere e le reazioni negative furono davvero scoraggianti. Le fan fiction che vidi (sì, lo so, non avrei dovuto leggerle… un profondo sconforto può indurre una persona all’autolesionismo) mi convinsero che alcuni lettori non avevano per niente capito cosa stessi scrivendo. Ciò fu davvero deprimente, nel vero senso della parola. Per certi versi, avevo l’impressione che buona parte dei lettori non volesse realmente sapere cosa avevo immaginato per quei personaggi. Non erano interessati a quel che dicevo sull’amicizia, sull’amore, sull’identità e sul genere. Pareva talvolta che volessero soltanto un libro che finisse con una romantica e infuocata scena di sesso. Per un po’ ebbi la sensazione che se avessi scritto i libri conclusivi che avevo in mente, la gente semplicemente non li avrebbe accettati, così come si erano risentiti alla fine del Viaggio e del Destino dell’assassino.

E così misi da parte gli appunti e le idee, giudicandoli non abbastanza convincenti per dei lettori che si sarebbero trovati davanti un libro molto diverso da quello che si aspettavano. Dovendo scegliere fra lo scrivere dei libri con un falso finale e scrivere dei libri da cui i lettori si sarebbero sentiti “imbrogliati”, decisi di non scriverli affatto. Presi la decisione di non tornare nei Sei Ducati a meno di non avere una storia che i lettori avrebbero trovato davvero avvincente. Il finale che avevo ideato, pensai, probabilmente non era all’altezza. A volte tiro fuori quelle idee e ci rifletto sopra, ma puntualmente le metto via di nuovo.

Durante gli Imaginales in Francia, un giorno in cui non mi sentivo bene, saltai la cena e passai 6 o 8 ore a riconsiderare quelle idee. (La Francia è un posto meraviglioso per me. È un luogo in cui i lettori che ho incontrato mi hanno dato un grande incoraggiamento come “artista” con una sua personale visione. Ogni volta che ci sono andata, ne sono venuta via ricaricata.) A ogni modo, mi chiesi se usare un narratore diverso per far vedere gli eventi ai lettori da una prospettiva esterna avrebbe reso la mia storia accettabile. Giocherellai di nuovo con quelle idee, presi alcuni appunti e abbozzai nella mia mente i primi due capitoli. E poi andai a casa, li misi da parte e tornai al lavoro sui miei progetti correnti. Questo perché ho ancora i miei dubbi. Parte dei lettori di certo dubita che io sapessi dove stessi andando con questa storia. Leggere i loro commenti è stato come venire interrotti da qualcuno nel momento culminante di uno scherzo o di una storia. (Sapete cosa intendo. Qualcuno salta su ed esclama: «Oh, io so come va a finire!» E poi sciupa la battuta finale dicendola nel modo sbagliato. E tutto ciò che puoi fare è andare via, perché a quel punto continuare sarebbe un fallimento.)

Persino alcuni dei commenti editoriali che ho ricevuto sono stati del tipo “da’ loro quello che vogliono.” Sfortunatamente per tutti noi, io non riesco a scrivere in quel modo. Non posso forzarmi a scrivere un finale che sembra illogico o non veritiero per i personaggi. Ho già cercato di scrivere “su ordinazione” prima d’ora. Sapete cosa mi succede? I personaggi si mettono semplicemente seduti sulla pagina e iniziano a giocare a poker in attesa che io ricominci ad ascoltarli. Non posso costringere Fitz o il Matto in uno di quei finali melensi e artificiosi. Non ci andrebbero proprio. E non lo farei nemmeno io.

Ho contratti per altri libri che mi terranno impegnata fino al 2011. Quindi ho un mucchio di tempo per ponderare quanto possa essere saggio un ritorno alla voce e alla storia di Fitz.

E tutto questo è stato un giro di parole per dire che il finale del Destino non doveva essere la vera conclusione della storia. Quindi, non rispecchia davvero la mia visione della vita. :)

Per quanto riguarda l’affrontare una perdita nelle storie, sono fortemente convinta che finché le persone non affrontano una perdita e la superano non sono in grado di vivere a pieno le loro vite. Sono in una fase della vita — i 50 anni — in cui molti dei miei amici stanno infine affrontando e venendo a patti con le perdite del passato. Mi parlano di cose per le quali avevano sempre accusato altre persone e di cui stanno finalmente assumendosi la responsabilità. Divorzi. Bambini che si sono lasciati alle spalle. Avventure non portate a termine. O la pace che hanno rovinato per andare in cerca d’avventura. Tutti hanno rimpianti di qualche tipo. Ogni scelta che compi nella vita preclude un infinito numero di possibilità alternative.

Sto vedendo alcuni miei amici che si sono voltati, hanno affrontato le loro perdite e i loro rimpianti, li hanno analizzati, li hanno incorporati nelle loro vite e sono andati avanti. Sono diventati saggi. (Non è sarcasmo.) In ognuno dei libri che avete nominato, i miei eroi si sono voltati per affrontare le perdite che avevano subito. Hanno compreso che un individuo non può fare tutte le scelte. E sono diventati delle persone migliori. Per certi versi l’ammettere cosa si erano lasciati indietro li ha resi completi.

Ogni volta che compiamo una scelta, ci lasciamo alle spalle qualcosa di noi. Non sono mai diventata una giornalista e non sono mai andata nei punti caldi del mondo per fare dei reportage. Lo rimpiango. Quella parte di me non verrà mai alla luce. Ma ho fatto altre cose che mi hanno arricchito in modo differente.

Wow. È un messaggio veramente lungo. Qui sono le 9:37 e devo ancora arrivare al numero di parole previsto per oggi. Ho sfidato me stessa con questo post. Parla di argomenti che ho evitato e a cui ho girato attorno per lungo tempo.

Una volta premuto il tasto “invia” potrei davvero pentirmene. :)

RH


RH Livejournal - Aug. 10th, 2008 | repeat from the newsgroup
traduzione di Barbara “The Fool” e di Occhi-di-notte
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