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SFFWorld - Set.05
Cosa puoi dirci della trilogia del Figlio soldato?

Ora che il primo volume è stato pubblicato, la maggior parte dei lettori saprà già di cosa si tratta. La vicenda si svolge in un mondo completamente diverso da quello dei Lungavista . Ho creato quindi un nuovo mondo, nuovi tipi di magia, nuovi personaggi… ogni cosa è nuova e differente. Mi sto divertendo molto a lavorarci su e al momento sono immersa nella stesura del secondo volume, il cui titolo provvisorio è Il mago della foresta. Questo fantasy non è ambientato in un mondo medievale, un fatto che ha sconcertato in principio parecchi lettori. In generale, però, i commenti che ho ricevuto finora su questo primo libro sono stati positivi. Nevare è un personaggio diverso rispetto a Fitz, e imparare a conoscerlo è stato divertente.



La maggior parte dei libri firmati Robin Hobb si caratterizza per l’io narrante. Quali vantaggi comporta questa scelta rispetto alla narrazione classica onnisciente in terza persona?

Per me, il modo più naturale di raccontare una storia è farlo in prima persona. È facile trovare la voce interiore del personaggio e, se riesci a far entrare il lettore nella mente del protagonista, lo fai immergere automaticamente nella storia. Mi piace l’intimità che deriva dallo scrivere in prima persona poiché permette al lettore di sapere cose che altrimenti il protagonista non rivelerebbe mai. Lo svantaggio è ovvio. La conoscenza del lettore è limitata a ciò che il protagonista sa. A volte ciò significa che io, come scrittrice, devo confidare nell’attenzione del lettore e nella sua capacità di mettere insieme gli indizi. In questo modo, forse, il lettore sarà in grado di capire quel che sta accadendo meglio del protagonista. Oppure può succedere che il protagonista interpreti in un certo modo una situazione, mentre il lettore ne ha una visione diametralmente opposta.



A questo proposito, i romanzi che hai scritto in prima persona hanno sempre sfruttato un punto di vista maschile. Nessun io narrante femminile ha mai bussato alla tua porta interiore, pregandoti di raccontare la sua storia?

Oh, se dai un’occhiata ai libri scritti come Megan Lindholm, troverai un io narrante femminile in Cloven Hooves, per esempio. E una parte dei miei racconti brevi è narrata proprio in prima persona femminile. Ci sono numerosi punti di vista femminili nella mia produzione. Non mi faccio problemi di genere né penso cose del tipo: «Accidenti, ho scritto quel libro da un punto di vista maschile. Adesso devo scriverne un altro da un punto di vista femminile per pareggiare i conti.» Alla fine, il sesso del personaggio è come l’età, la razza o il suo pensiero politico. È solo una parte del tutto. Il personaggio nasce nella mia mente, tutto insieme, e ha una storia da raccontare. E io gli do voce.



Dopo 9 romanzi di successo con la Bantam Spectra, hai di recente affidato le pubblicazioni negli Stati Uniti all’HarperCollins/EOS. Per quale motivo?

La decisione è stata presa per ragioni d’affari e certamente non rispecchia i miei sentimenti verso lo staff della Bantam. Lì la mia editor più recente è stata Anne Groell, ed è eccezionale, molto competente e dedita ai libri che contribuisce a creare. Anne e io siamo tuttora buone amiche. Da allora ho cominciato a scrivere con Ace, e ho grande stima anche di quegli editori. Ogni volta la decisione di cambiare è stata dettata da motivi economici. E non è mai stata mia! Credo che agli albori dell’editoria scrittori ed editor tendessero a restare nelle stesse case di pubblicazione per anni e anni. Ora non è più così. Il mercato è molto più fluido e, con l’avvento dell’editoria elettronica, possiamo solo aspettarci ulteriori cambiamenti.



Che tipo di ricerche hai fatto per preparare la trilogia del Figlio soldato? Hai dovuto documentarti in maniera differente rispetto al passato?

Nel corso degli anni ho scoperto che fare ricerche per un libro getta spesso le basi per il libro successivo. Così, mi erano rimaste impresse, in incubazione, alcune letture che feci anni fa sulle malattie, e hanno finito per costituire una delle idee portanti dello Spirito della foresta. Leggo regolarmente Science Weekly e, tempo fa, ci fu un articolo su un virus che mi scatenò tutta una serie di interrogativi. Per questo romanzo ho fatto anche ricerche mirate sulle piccole guerre delle Regina Vittoria e ho letto Mr. Kipling’s Army. Ho consultato moltissimi articoli sulla fondazione di varie accademie militari in tutto il mondo e sulle modalità in cui operano. Ho letto diversi paragrafi sulle origini della cavalleria statunitense. Ho riletto alcune opere di Kipling. Per farti un esempio, ho capito che Il figlio soldato sarebbe stato il mio lavoro successivo mentre ero ancora impegnata a scrivere La furia dell’assassino, il che vuol dire che sono parecchi anni che mi documento e che prendo appunti in tal senso. La cosa bella del fare ricerche per un fantasy è che sei libero di prendere tutte le parti migliori e di rimaneggiarle affinché si incastrino a perfezione nel tuo mondo. Lo scrittore non è vincolato a un periodo storico preciso né a ragionamenti del tipo “così funzionavano le cose nel nostro mondo, quindi è esattamente così che devono funzionare nel mio mondo immaginario.” Ma è solo documentandosi che lo scrittore può farsi un’idea concreta del perché le cose sono andate in un certo modo (nel mondo reale) e, se vuole divergere completamente dalla realtà storica, capire perché le cose devono funzionare diversamente nel suo mondo fantastico.



Cosa ti è stato d’incoraggiamento e cosa invece ti ha intimorito nello scrivere al di fuori di Realm of the Elderlings?

Hmm. D’incoraggiamento nulla, a parte il divertimento offerto dall’esplorazione di un nuovo territorio, dalla creazione di una ambientazione nuova e dalla conoscenza di nuovi personaggi. I rischi sono presenti in ogni libro indipendentemente dall’ambientazione, nuova o vecchia che sia. All’inizio penso a quanto tempo ci vorrà, a quante pagine, a quante parole, a quante volte dovrò battere sulla tastiera, e l’intero progetto sembra una follia. E a volte varco il confine della sanità mentale e mi dico: «Aspetta un minuto. Ma non è un modo decisamente sciocco di spendere la mia vita? Dire ‘Ehi, lascia che ti racconti una storia su persone che non esistono in un mondo mai esistito, e io cercherò di renderla così importante per te che trascorrerai ore e ore della tua vita insieme a me per i prossimi tre anni’?» Voglio dire, a pensarci bene, quello che gli scrittori fanno può sembrare un po’ assurdo. Ecco qual è, dunque, l’aspetto che fa paura. Ma io sono molto brava a ignorarlo. Io amo scrivere, leggere e raccontare storie più di qualsiasi altra cosa. Ciò che mi spaventerebbe davvero, invece, sarebbe sentirmi dire: «A nessuno interessano più (le tue storie). Va’ a cercarti un altro mestiere!»



Dopo il cambio di editore e la popolarità raggiunta dai libri degli Elderlings, i lettori statunitensi possono sperare in una ristampa dei romanzi di Megan Lindholm?

Nel Regno Unito sono stati ristampati recentemente. Negli Stati Uniti, be’… nutro la stessa speranza anch’io. Il loro stile, però, è molto diverso da quello dei libri firmati Hobb. Quindi, non è detto che i lettori di Robin Hobb vogliano leggere i romanzi di Megan Lindholm.



Il tuo lavoro è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, ma fuori dagli Stati Uniti lo è forse ancora di più. Secondo te, che differenze ci sono fra lettori statunitensi e non-statunitensi?

Non voglio nemmeno tentare di generalizzare. Be’, forse lo farò, ma non voglio parlare delle differenze fra lettori US e non-US. Io penso di scrivere per quei lettori che vogliono davvero conoscere i personaggi. In molti Paesi d’oltremare, come il Regno Unito, l’Australia e i Paesi Bassi, ho avuto un sostegno straordinario da parte delle case editrici per impormi all’attenzione del pubblico. Per certi versi è triste che negli Stati Uniti non si importi dall’estero tanta narrativa fantasy o di fantascienza quanta invece ne viene esportata. Di recente ho avuto la fortuna di leggere alcuni lavori eccellenti tradotti dallo spagnolo, dal francese e dal polacco (ho acquistato diverse antologie alla WorldCon). Penso che se il lavoro di questi scrittori fosse più accessibile negli Stati Uniti, il numero dei loro lettori crescerebbe considerevolmente. Basta pensare agli autori britannici, e al recente influsso che hanno avuto gli Australiani sulle nostre librerie. La Voyager in Australia ha dato sostegno agli scrittori locali, e d’un tratto il mondo intero ha potuto apprezzare autori del calibro di Jennifer Fallon, di Fiona McIntosh, di Karen Miller e di Garth Nix. Quindi, credo si tratti soprattutto di un problema di accessibilità.



Apriresti mai le porte del regno degli Elderlings ad altri scrittori, come il tuo ex co-autore Steven Brust, per realizzare un’antologia?

Probabilmente no. Penso che per poter raccontare uno stesso mondo, sia necessario aprirne le porte fin dall’inizio e permettere a ciascuno di metterci del suo, come facemmo tempo addietro per le antologie di Liavek. Secondo me, fu proprio grazie a questo che ebbero successo. Ognuno di noi aveva il suo angolino personale in cui costruire la sua storia, come un gruppo di ragazzini in una camera piena di mattoncini Lego. Le regole base furono stabilite da Will Shetterley e da Emma Bull, ma ho sempre pensato che avessero lo scopo di guidarci piuttosto che di vincolarci. Da lì tutti noi ci siamo mossi in direzioni differenti e talvolta le nostre strade si sono incrociate. In un mondo creato da me, ci sono moltissimi aspetti che non sono stati descritti nei libri e che io sola conosco. Trasmettere tutto questo ad altri scrittori richiederebbe un enorme lasso di tempo e non sarebbe divertente né per me né per loro. Quindi, no. Preferirei di gran lunga leggere un libro scritto da Steve ambientato nel mondo da lui ideato. Voglio dire, del mio mondo so già abbastanza. Piuttosto che chiedere a Steve (o a chiunque altro) di lavorare con queste limitazioni, preferirei stare seduta ad applaudirlo mentre schiude la sua personale magia.



Come credi che sia cambiato il rapporto scrittore/lettore dopo l’avvento di Internet? Lo ritieni un cambiamento positivo?

Oggi autori e lettori sono più liberi di interagire sulle message board e via e-mail. Mi rendo conto di ricevere e-mail dalla gente fondamentalmente perché è una cosa semplice e immediata. Se i lettori dovessero cercare il mio indirizzo, comprare busta e francobollo e poi spedire, be’, la maggior parte di loro non mi scriverebbe affatto. Ma è molto divertente e rassicurante per uno scrittore leggere i commenti altrui quando il libro è piaciuto. Il risvolto negativo è che saprà anche — e in dettaglio — quando e perché un libro non è piaciuto. E aprire una di queste e-mail a inizio giornata, prima di cominciare a scrivere, può essere molto demoralizzante se lo consenti. Se qualcuno è interessato, ho un newsgroup su SFF.net dove è abbastanza facile trovarmi a porre domande e a chiacchierare. Ciò che apprezzo di più del mio newsgroup è che vi si discute pochissimo di me o dei miei libri. Magari si prende spunto da qualcosa che ho scritto, ma ben presto si divaga verso argomenti più seri o più leggeri. Fra gli utenti regolari ci sono persone di grande intelligenza e i flame sono rari. Dato che è internazionale, molti frequentatori usano l’inglese come seconda lingua e difficilmente possono saltare a conclusioni affrettate e sentirsi insultati da qualcosa. Invece, c’è qualcuno che di solito chiede: «Cosa significa questo? Sapete se in determinate circostanze può essere considerato offensivo?» Subito dopo qualcun altro risponde e così via… spesso le nostre migliori discussioni sono cominciate proprio in questo modo. L’aspetto più negativo della faccenda (nb. dell’era informatica) è il tempo. Prendiamo questa intervista via e-mail, per esempio. O il dover rispondere al carico quotidiano di lettere o il dover replicare ai messaggi sul newsgroup. Vent’anni fa, tutto questo tempo l’avrei dedicato alla scrittura. Quindi, l’era elettronica e Internet mi hanno portato via tanto tempo quanto me ne hanno risparmiato. Di più, probabilmente, se consideriamo la necessità di aggiornare gli antivirus, scaricare le patches, eliminare gli spyware deframmentare, etc etc. Con la mia vecchia macchina da scrivere dovevo al massimo sostituire il nastro e pulire la tastiera una volta ogni tanto. A ogni modo, non tornerei mai indietro!


SFFWorld.com | Interview with Robin Hobb - 01.09.2005
traduzione di Occhi-di-notte
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